Pubblicato il 15/02/2017
CRONACA

Mineo, 11 rinvii a giudizio: il “cerchio magico” che favoriva le coop di Paolo Ragusa



Secondo la Procura calatina, ci sarebbe stato una sorta di “cerchio magico” che a Mineo decideva l’aggiudicazione degli appalti da parte del comune: a vincerli sempre le medesime coop. Un unico calderone in cui si mescolavano strettamente pubblico e privato e da cui erano sempre gli stessi ad attingere e mangiare.

di Giacomo Belvedere

A Mineo tutti i nodi stanno pian piano venendo al pettine. Questa è l’impressione che si ha dopo che un’altra tegola cade sul centro menenino, a distanza di poche ore dal rinvio a giudizio per 17 indagati, tra cui spicca il nome eccellente dell’on. Giuseppe Castiglione, chiesto dalla Procura di Catania per gli appalti cuciti su misura al Cara di Mineo e promesse di voti in cambio di assunzioni al Cara.

Stavolta a puntare il dito è il Procuratore di Caltagirone Giuseppe Verzera, che ha chiesto il rinvio a giudizio per 11 soggetti, indagati a vario titolo per associazione a delinquere finalizzata ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione e il controllo delle cooperative sociali presenti nel territorio di Mineo e di lavori e servizi pubblici affidati dal Comune di Mineo alle cooperative sociali riconducibili a Paolo Ragusa, nel periodo compreso tra l’ottobre 2013 e agosto 2015. L’udienza – come riferisce il quotidiano «La Sicilia» – è fissata davanti al Gip di Caltagirone il 5 aprile prossimo. Nel mirino della Procura calatina la sindaca Anna Aloisi, gli ex assessori Giuseppe Biazzo (responsabile anche della cooperativa Ccrrea e consigliere di Solcalatino), Maurizio Gulizia e Massimo Pulici (dipendente inoltre della Cooperativa Alba e in seguito della Cooperativa “Nuova Alba”), l’ex presidente di Sol.calatino Paolo Ragusa, i dirigenti comunali Domenico Caccamo (ufficio tecnico del Comune di Mineo) e Tommasa Saitta (vice Segretario comunale e responsabile dell’ente di Mineo) e gli impiegati Vincenzo Camuti (Rup di tutti gli affidamenti alle Cooperative sociali di Mineo) e Giuseppe La Rosa (staff di gabinetto del Sindaco Aloisi), Serena Lutri (impiegata di una cooperativa legata a Solcalatino), Maria Geraci, (gestione gare e contratti di Sol.Calatino).

Dalla Procura calatina non trapela nessun commento. «L’inchiesta sul Cara di Mineo – ci disse Verzera il 21 gennaio 2016 – ha un filone, un troncone principale, e tutta una serie di satelliti che vanno per i fatti loro». Al vaglio della Procura di Caltagirone, altri importanti filoni di inchiesta, tra cui la posizione dei 700 dipendenti del centro di Contrada Cucinella; la compravendita di consiglieri comunali al comune di Mineo, per farli transitare dall’opposizione alla maggioranza; la truffa milionaria sulle presenze gonfiate al Cara.

Tante inchieste satelliti, orbitanti tutte attorno all’inchiesta madre sull’appalto milionario per la gestione del Cara di Mineo, «conferito  ci disse Verzera nell’intervista del 24 luglio 2015 – ad personam»: «un appalto di così rilevante importo, – ci spiegò con efficace sintesi il procuratore calatino – la gestione di somme di denaro ingentissime, implicano che politici del posto facciano il possibile per poter governare un piccolo comune che gestisce una situazione economica così impressionante. E quindi è chiaro che la ricerca del consenso popolare per prendere la poltrona di sindaco di assessore sia fortissima». Insomma, un fiume di denaro che non poteva non modificare pesantemente gli equilibri socio-politici a Mineo e suscitare appetiti e interessi enormi.   

Il CERCHIO MAGICO CHE DECIDEVA GLI APPALTI –  L’inchiesta odierna, cui si riferiscono gli 11 rinvii a giudizio, sembra dar ragione all’accusa mossa dai gruppi di opposizione all’amministrazione Aloisi di aver favorito un sostanziale regime monopolistico, aggravato da un potenziale conflitto di interessi, innescato dalla commistione tra interessi politici e imprenditoriali, tra pubblico e privato sociale.

Secondo la Procura calatina, ci sarebbe stato infatti una sorta di “cerchio magico”, che a Mineo decideva l’aggiudicazione degli appalti da parte del comune: a vincerli sempre le medesime coop. Un unico calderone in cui si mescolavano strettamente pubblico e privato e da cui erano sempre gli stessi ad attingere e mangiare, mentre gli altri rimanevano a bocca asciutta.

Basta leggere l’elenco delle coop che risultano iscritte all’albo comunale nel 2014 e 2015, per ricavarne l’impressione di sfogliare sempre lo stesso album di famiglia. Nel 2014 sono: Alba (Soc. Coop. Sociale), C.C.R.E.A. (Consorzio della Cooperazione Regionale per l’Ecologia e l’Ambiente), Consorzio Sol Calatino (Soc. Coop. Sociale), San Francesco (Soc. Coop. Sociale) e Nuova Alba (Soc. Coop. Sociale). Il rappresentante legale delle prime tre è Paolo Ragusa. La coop San Francesco è associata alla rete del Consorzio Sol.Calatino. Il suo rappresentante legale è Rocco Ferraro, che non solo è funzionario del Consorzio Sol.Calatino, ma ha sostituito Paolo Ragusa alla presidenza del Consorzio dopo le sue dimissioni, a seguito delle inchieste sul centro di accoglienza menenino. La Nuova Alba appartiene anch’essa alla rete di Sol.Calatino e il suo responsabile tecnico è, manco a dirlo, l’onnipresente Paolo Ragusa. Della coop C.C.R.E.A, è inoltre vice presidente il consigliere comunale di “Uniti per Mineo” Giuseppe Biazzo.

Nell’aggiornamento del 2015 manca nell’elenco la coop C.C.R.E.A. ma c’è una new entry: Terra e Sole–La rinascita, sempre legata alla rete di Sol.Calatino mentre non viene accolta la richiesta di un’altra coop della rete di Sol.Calatino: Aria Società cooperativa sociale, con sede a Palagonia.

Tra gli indagati l’allora comandante dei VV.UU. Domenico Caccamo, che subentrò nella dirigenza dell’ufficio tecnico all’architetto Zampino, che sarebbe stato rimosso dall’incarico pur avendone i titoli perché poco malleabile. Fatto sta che, dopo due anni, la nuova segretaria comunicò al sindaco che i due incarichi ricoperti da Caccamo erano incompatibili. L’accusa è che Caccamo avrebbe agevolato in quei mesi, gli affidamenti diretti alle coop di tipo b (quelle in sostanza facenti capo a Sol.calatino), assegnando loro anche lavori di manutenzione stradale che in teoria non avrebbero potuto essere affidati a tali coop. Le opposizioni accusarono l’amministrazione di aver reperito le somme per i lavori alle strade esterne, stornandoli da un finanziamento destinato al rifacimento dei termosifoni del plesso Ducezio.

In un’interrogazione del 29 maggio 2015 sui riscaldamenti del plesso Ducezio, l’opposizione chiese conto riguardo alla situazione del Plesso Ducezio: un intero blocco dell’edificio infatti risultava a suo avviso non riscaldato (il primo blocco, sede degli uffici di segreteria, della biblioteca, delle sale riunioni, sotto; dei laboratori di scienze, tecnologia, musica, artistica e aula mensa, sopra). Rispose per conto dell’amministrazione, l’Assessore Blangiforti, spiegando che non c’era stata alcuna comunicazione della scuola sul mancato funzionamento dei termosifoni. «Basta parlare con le persone, a volte, per conoscere ciò che le carte non dicono», fu la replica dai banchi dell’opposizione.

L’altro dirigente coinvolto, Tommasa Saitta, titolare degli affari economici, è in seguito andata via volontariamente dal comune (era a Mineo da 20 anni), trasferendosi a Ramacca.

LA FINE DEL CERCHIO MAGICO – Lo scontro frontale con l’allora maggioranza si ebbe 15 giugno 2015, quando l’assise comunale fu chiamata a discutere una proposta di modifica dell’art. 31 ter del Regolamento dei contratti del Comune di Mineo, avanzata dai consiglieri dell’opposizione Pietro Catania e Chiara Cutrona, finalizzata a rompere il cerchio magico.

L’art. messo in discussione, in sostanza, istituiva l’albo per le cooperative sociali, l’affidamento diretto dei lavori alle cooperative sociali fino a 200.000 euro e l’obbligo per il Comune di ricorrere a tale procedura di affidamento diretto per il 30% dei lavori di manutenzione esternalizzati annualmente dall’Ente, nonché nei casi in cui veniva autorizzato con provvedimento della Giunta Municipale. L’art. 31 ter era stato aggiunto al Regolamento esistente nell’anno 2009, durante l’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Castania, su proposta dei consiglieri Massimo Pulici e Maurizio Gulizia, all’epoca consiglieri di maggioranza e oggi tra gli 11 indagati. Pulici e Gulizia – denunciò un Comunicato stampa del gruppo consiliare Per la città – erano «nel gruppo del dott. Ragusa, che allora era in maggioranza e attualmente uno Assessore e l’altro ex Assessore dell’amministrazione Aloisi». L’articolo, inoltre, fu contestato dai gruppi di opposizione, che in quell’occasione trovarono una convergenza di intenti, in nome di una maggior trasparenza. La proposta fu approvata con 8 voti favorevoli, nessuno contrario e nessun astenuto. In sostanza tutta l’opposizione, perché il gruppo “Uniti per Mineo” abbandonò l’aula al momento del voto. E ci furono pesanti strascichi polemici.

Più volte Ragusa ha risposto alle accuse, ritenendole infondate, frutto piuttosto di una campagna di odio nei suoi confronti. In una nota di Sol.Calatino del 29 dicembre del 2014 in difesa dell’allora suo presidente, si può leggere: «Non è mica una nostra colpa se si sono iscritte solo le cooperative appartenenti al consorzio Sol.Calatino», Quanto alle aggiudicazioni – continua la nota – «tutto è avvenuto alla luce del sole e non può certo essere una colpa dell’aggiudicatario se altre aziende non hanno presentato offerte».

E il 9 gennaio di quest’anno, ha ribadito su «Il Solidale», testata online edita dal Centro Studi C.E.S.T.A di cu Ragusa è presidente – la stessa linea di difesa: «Mi sembra fuori luogo – scrive – il perbenismo con il quale si vuole derubricare come scandalo la libera iniziativa politica di alcuni cittadini, dirigenti o semplici dipendenti delle cooperative sociali. Esiste nel nostro Paese un divieto di associazione politica o una limitazione delle libertà civili dei cooperatori?» 

Starà alla magistratura calatina appurare le eventuali responsabilità penali di Ragusa in questo negli altri procedimenti penali aperti a suo conto. Un fatto è certo: non ci sono più stati affidamenti diretti a Mineo dopo che le opposizioni, nella seduta del 15 giugno 2015, cambiarono il regolamento, eliminando il 30% di riserva e decretando lo stop agli affidamenti diretti superiori ai 10.000 euro annui (prima, come s’è detto, il limite era di 200.000 euro annui).

Ma anche davanti ai magistrati etnei, l’ex presidente di Sol.Calatino avrà le sue gatte da pelare: secondo quanto  asserito dal Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione dei migranti il 24 gennaio scorso. Il manager menenino, secondo il procuratore etneo, «era quello che più pesantemente ha condizionato la scelta delle ditte che avrebbero assicurato le varie forniture di beni e di servizi al CARA di Mineo».

«Quest’anno abbiamo appuntamento con la felicità!»: chi titola così fiducioso e beneaugurante, il 30 dicembre scorso, su «Il Solidale» è Paolo Ragusa. Un titolo che, alla luce degli ultimi accadimenti, suona oggi beffardo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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