Pubblicato il 10/06/2019
ATTUALITÀ

La Prof sospesa e il ministro che lancia il sasso e nasconde la mano



Il diktat contro la prof partì dal Miur, come rivelato da «Repubblica». Adesso si sanno le successive puntate: finora solo un silenzio imbarazzato. Poi partirà la gara al “so di non sapere”. Ma, del resto, non questo era il principio della sapienza per Socrate?   


di Giacomo Belvedere

Questa è una storia kafkiana. C’è un processo con un colpevole, ma non si sa di cosa sia colpevole e chi lo stia processando e perché. Riassumiamo: alcuni ragazzi dell’Iti Vittorio Emanuele III di Palermo paragonano le leggi razziali del Duce all’odierno decreto Sicurezza del Capitano. I ragazzi si basano su articoli apparsi su «Avvenire» e «Famiglia Cristiana». Evidentemente non sanno che si tratta di testate giornalistiche sovversive a cui il Governo sta provvedendo a tagliare giustamente i fondi. Sono ragazzi e le dietrologie non fanno per loro: quegli articoli targati Vaticano gli sono piaciuti e li hanno fatti riflettere.


Non l’avessero mai fatto. Riflettere. La buona scuola serve per “imparare ad imparare” - ineffabile tautologia che nessuno sa cosa significhi - ma non certo per riflettere. Arriva immediata la sanzione. La loro prof Rosa Maria Dell’Aria, rea di averli educati al libero pensiero, con una tempistica assai sospetta per chi conosce i tempi biblici della burocrazia, subisce la pena del contrappasso: viene censurata per non aver censurato i suoi alunni, sospesa temporaneamente dall’incarico, con lo stipendio dimezzato. Il provvedimento viene preso dal provveditore di Palermo, che non a caso si chiama provveditore.  


A questo punto la storia kafkiana ha un sobbalzo. C’è una sollevazione popolare a favore della prof: più di 200 mila firme vengono raccolte online a suo favore.  Ma, come è costume italiano, nessuno si prende la responsabilità del provvedimento di censura. Addirittura dalle alte sfere arriva la solidarietà alla prof: strette  di mano e pacche sulle spalle. Ci sono le elezioni europee, ed è meglio mettere la sordina alla cosa.

Il ministro precisa che gli dispiace la piega che hanno preso gli avvenimenti, ma  proprio non può farci niente: Nessun ministro, neanche quello dell'Istruzione, può revocare la sospensione comminata da un dirigente alla professoressa Dell'Aria. Posso però confermare che gli Uffici del Miur sono impegnati a verificare la praticabilità giuridica di una conciliazione della vertenza”. Tradotto: un provveditore vale più del suo superiore gerarchico, ma la cosa si può sistemare e gli azzeccagarbugli del ministero sono al lavoro. C’è puzza di bruciato lontano un miglio, ma tant’è.


Poi, colpo di scena. Ipse dixit. L’editto bulgaro contro la professoressa Dell’Aria, rea di non aver vigilato sui suoi alunni dal giudizio troppo libero e indipendente, partì proprio dal Miur. Ci sono mail inequivocabili, come rivelato da «Repubblica». E tutto si fa più chiaro: si spiega così come mai la sanzione sia arrivata alla velocità della luce, cosa che, in un universo kafkiano, succede solo se il diktat parte dall’alto.

Adesso si sanno le successive puntate: finora solo un silenzio imbarazzato. Poi partirà la gara al “so di non sapere”. Ma, del resto, non questo era il principio della sapienza per Socrate?

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