Pubblicato il 12/10/2016
POLITICA

“Spese pazze” all’ex provincia di Catania: 37 condanne e 5 assolti. Ribaltata in appello sentenza primo grado



di Giacomo Belvedere – Giusi Scollo

Colpo di scena sulla vicenda delle presunte “spese pazze” alla ex Provincia di Catania. Il giudizio in appello ha ribaltato la sentenza di primo grado che aveva visto l’assoluzione per i 44 consiglieri indagati per un presunto danno di 486 mila euro relativo agli anni 2011 e 2012. La Corte dei Conti ha accolto parzialmente l’appello del P.M., dichiarando la responsabilità amministrativa di 37 appellati, condannandoli a risarcire il danno erariale per oltre 195 mila euro, corrispondenti all’incirca alla metà della somma richiesta dalla Procura. Inoltre ha condannato i medesimi al pagamento in favore dello Stato delle spese legali, che ammontano a più di 95 mila euro da dividere in parti eguali fra loro.

Assolti invece 5 imputati: si tratta di Giuseppe Ascenzio Galletta; Vincenzo D’Agata, Antonio Danubio, Antonio Tomarchio e il sindaco di Palagonia Valerio Marletta, per i quali la Corte ha ritenuto di dover confermare la sentenza di primo grado.

I 37 ex consiglieri provinciali condannati a risarcire il danno erariale sono: Alfia, detta Fina, Abbadessa (2.351,43 euro); Consolato Aiosa (6.183,70 euro); Benedetto Anfuso (2.292,48 euro); Giuseppe Castiglione (9.441,13 euro); Aldo Catania (12.683,88 euro); Sebastiano Cutuli (2.140,10 euro); Matteo Di Mauro (4.798,70 euro); Domenico Galvagno (4.859,55 euro); Carmelo Giuffrida (4.830,81 euro); Marco Luca (1.140 euro); Antonino Musumeci (8.177 euro); Edmondo Pappalardo (7.770 euro); Nunzio Parrinello (6.540,74 euro); Salvatore Patanè (720 euro); Santo Orazio Primavera (2.500 euro); Antonio Rizzo (600 euro); Raffaele Strano (9.240,97 euro); Maurizio Gaetano Tagliaferro (2.927,92 euro); Salvatore Tomarchio (10.594,58 euro); Salvatore Valerio Valenti (1.273,16 euro); Giuseppe Zitelli (3.108,9 euro); Filippo Gagliano (1.776 euro); Alfio Barbagallo (6.666,07 euro); Francesco Cardillo (6.400 euro); Giuseppe Furnari (7.064,33 euro); Sergio Gruttadauria (1.722 euro); Carmelo Sgroi (3.800 euro); Ernesto Calogero (890 euro); Rocco Cristoforo (6.011 euro); Giuseppe Mistretta (2.121,50 euro); Vanessa D’Arrigo (10.180 euro); Gaetano Distefano (5.900 euro); Francesco Laudani (6.712,57 euro); Antonino Sinatra (8.025 euro); Raffaele Vanella (6.826 euro).

Le indagini, concluse nel marzo 2014, erano state avviate nel 2011 dal nucleo della polizia tributaria della Guardia di Finanza di Catania ed erano state coordinate dal procuratore Giuseppe Aloisio. La Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana era pervenuta al convincimento che nel biennio considerato molti degli esborsi sostenuti dalla Provincia di Catania a carico del Fondo organismi consiliari, per spese di funzionamento degli organi consiliari e per missioni dei consiglieri, pari complessivamente a € 486.001,98, non fossero giustificate: l’Organo requirente riteneva che «i consiglieri provinciali convenuti in giudizio avessero abusato del proprio ruolo istituzionale, confondendo la funzione di rappresentante dell’organo politico con la posizione di soggetto politico, che cura i rapporti con il proprio elettorato attraverso l’utilizzo illegittimo del Fondo organismi consiliari». nel mirino della Procura contabile acquisti come pacchetti di sms, materiale tipografico, fornitura di diversi quotidiani, organizzazione di diversi eventi, acquisto di libri, spazi redazionali e missioni viaggio.

A sorpresa, l’anno scorso, la sezione giurisdizionale della Corte, aveva assolto tutti gli imputati, ritenendo che occorresse «rifuggire dalla logica, facilmente coinvolgente, che solo lo strettamente indispensabile sarebbe permesso ai soggetti onerati di mandato elettivo». La sentenza di assoluzione in primo grado è stata impugnata dalla Procura «per errore di diritto in ordine alla quantificazione dell’attività dannosa contestata ai convenuti» e per «la mancata adeguata valutazione degli elementi forniti dalla Procura regionale a sostegno della domanda di condanna formulata con l’atto di citazione».

In particolare, secondo la Procura, «non rientrerebbero tra le spese istituzionali gli acquisti di: 1.100 T-shirt; oggettistica varia; 4.365 agende; biglietti augurali nominativi e prodotti tipografici di varia natura intestati ai richiedenti; manifesti; opuscoli; 47.845 calendari; altro materiale di cancelleria, spesso in quantitativi inadeguati e spropositati per un gruppo o una commissione provinciale».

Ribadita, inoltre, a sussistenza del danno erariale con riguardo agli esborsi relativi a forniture il cui oggetto «risulta dalla documentazione acquisita agli atti generica e di contenuto non specificato»: numerosi acquisti di targhe, medaglie, trofei, coppe e gagliardetti (per un numero di oltre 1.099 articoli), per premiazioni e riconoscimenti «che nulla hanno a che vedere con l’attività istituzionale del Consiglio Provinciale, rappresentando per la Procura un indice di autoreferenzialità del consigliere che ha disposto la spesa». Nel mirino anche «molteplici forniture di spazi pubblicitari su giornali ed emittenti radiofoniche e televisive non rispondenti alle esigenze istituzionali previste dall’art. 70, comma 2, lettera d) del regolamento, in quanto funzionali ad iniziativa di propaganda dell’attività politica del Presidente del Consiglio e dei consiglieri richiedenti»; l’organizzazione e pubblicizzazione di manifestazioni di varia natura, per la cui realizzazione si è proceduto ad affitto di locali con servizio di catering, al noleggio di strumenti e servizio audio e luci e all’animazione.

Fra le tante, vengono evocate “Il Premio Torre d’Argento nell’ottobre 2010”, la Festa 1° Ambiente di Presa” nel Novembre 2010, il “ Festival canoro delle Salette” nell’ottobre 2011”, “Animazione e degustazione vini e Passopisciaro” nel settembre 2011, “Natale e le sue tradizioni” nel dicembre 2011”, “La Festa del Sorriso” nel gennaio 2012, la “Festa della Gioventù” a Fiumefreddo” nel marzo 2012, la serata con discoteca nella frazione di Passopisciaro del Comune di Castiglione di Sicilia nell’agosto 2012, il cocktail presso il ristorante “La Gardenia” di Acireale nel dicembre 2010 nell’ambito dell’incontro dal tema “Rapporto agli elettori del Collegio di Acireale”, l’ospitalità presso l’Agriresort di “San Bartolomeo” di Caltagirone nel gennaio 2012, il catering per 500 persone con distribuzione di giocattoli presso il Centro Fieristico delle Ciminiere di Catania nel gennaio 2011.

E ancora: l’acquisto di testi, per lo più, di narrativa, «difficilmente compatibile con l’attività istituzionale dell’Ente o, comunque, ingiustificato per il numero di copie acquistate»; la fornitura per l’anno 2011 del quotidiano “La Gazzetta dello Sport” da parte di un consigliere per complessivi 325 euro; la cena del Gruppo consiliare del PD (per 450 euro, iva compresa) presso l’Hotel Baia Verde di Acicastello il 13 maggio 2011.

Per la Procura, tutte queste spese «non rivestivano il carattere della necessarietà per il funzionamento degli organismi consiliari. Anzi appaiono caratterizzate dall’evidente intento dell’esponente politico di acquisire rilievo presso la comunità di riferimento». La richiesta della Procura è stata di condanna dei convenuti al risarcimento del danno, in favore del Consiglio Provinciale di Catania, quantificato nella complessiva somma di euro 384.140,38.

La Corte dei Conti ha rimarcato che «le spese di rappresentanza necessitano di rigorosa giustificazione e documentazione, con analitica indicazione, per ciascuna di esse, delle finalità istituzionali perseguite, del rapporto di pertinenza tra attività dell’ente e spesa, della qualificazione del soggetto destinatario rispetto alla spesa, della sua natura e della sua legittima misura e che devono rispondere a rigorosi criteri di ragionevolezza esplicati attraverso una puntuale verificabilità delle circostanze e dei motivi che le occasionarono».

Il Collegio ha accolto parzialmente l’appello del P.M., riconoscendo il carattere istituzionale per alcune spese, ma ritenendone altre ingiustificate perché non coerenti con l’attività istituzionale o carenti di pezze d’appoggio adeguate. La sentenza di primo grado n. 395/2015 del 23 aprile 2015, impugnata dalla Procura, è stata dunque riformata, dichiarando la responsabilità amministrativa di 37 appellati, che sono stati condannati a risarcire il danno erariale per 195.566,88 euro, corrispondenti all’incirca alla metà della somma richiesta dalla Procura. Inoltre i medesimi dovranno pagare in favore dello Stato le spese legali, per complessivi 95.607,86 euro, da dividere in parti eguali fra loro.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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