di Giusi Scollo - Giuliana Buzzone

A pochi giorni dai fatti di cronaca nera che hanno investito Palagonia, Matteo Salvini è atterrato in Sicilia recandosi, accompagnato da Angelo Attaguile al Cara di Mineo dove l’accusato principale dell’efferato omicidio soggiornava da pochi mesi. Una occasione ricercata che non gli ha fatto mancare la presenza di numerose telecamere e microfoni sgomitanti per catturare le invettive sugli immigrati e sullo Stato reo di tenere aperto il Cara menenino, voluto a dirla tutta nel 2011 dall’allora Ministro degli Interni,Roberto Maroni, del suo stesso partito.

Non sono molti i sostenitori di Salvini, meno di una settantina che si apprestano a rassicurarlo che sarebbero stati molti di più se le forze dell’ordine non avessero mandato indietro, dicono, 150 macchine provenienti da Catania. Domandando riceviamo la smentita dell’Ispettore di Polizia, “chi si è presentato è stato fatto passare” ci dice.

Sono invece un centinaio le forze dell’ordine a presidio degli imbocchi stradali che conducono al Cara, a confronto di chi è arrivato per accoglierlo sembra quasi un numero spropositato. Salvini è entrato ancora una volta al Cara di Mineo, ha incontrato il direttore ed ancora una volta ha postato sulla propria pagina facebook fotografie delle casette del centro con parabole e giardinetto come avvenuto nelle precedenti visite. Un remake. Probabilmente avrà notato paghi in termini di consenso indurre le persone a pensare gli ospiti del Cara vivano nel benessere ed omettere che quelle villette sono state abitazioni dei militari di Sigonella comprensive di parabole. Stesse foto stesse reazioni.

Fuori la dimostrazione sono le frasi che giungono alle nostre orecchie “questi stanno bene qua dentro, vivono meglio di me” e poi “dovevano affondare il primo barcone così non ne sarebbero partiti più”.

Ma niente di nuovo da Salvini, tanto rumore per nulla, solo per un pugno di voti.

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