Pubblicato il 19/10/2015
INCHIESTA

Caltagirone, resti umani in discarica? Bloccati i lavori alla cripta di Sant’Agostino e sequestrata l’area




«Dal dí che nozze e tribunali ed are/ diero alle umane belve esser pietose/ di se stesse e d’altrui,/toglieano i vivi/ all’ etere maligno ed alle fere/ i miserandi avanzi che Natura/ con veci eterne a sensi altri destina». Così Foscolo nei celeberrimi versi dei Sepolcri. Ma, a quanto pare, a Caltagirone, la pietas verso il caro estinto non ha cittadinanza e «i miserandi avanzi» vengono trattati alla stregua di avanzi, appunto. Questo è quanto pensa la Questura di Catania che domenica 18 ottobre ha posto i sigilli e sequestrato il cantiere presso l’ex istituto Sant’Agostino di Caltagirone, su segnalazione del Commissariato di P.S. di Caltagirone, a sua volta allertato da alcuni cittadini, sorpresi nel vedere emergere, tra giovedì e venerdì, in mezzo ai materiali di risulta destinati a discarica, ammassati in una parte esterna all’edificio adibita allo scarico di detriti provenienti dagli scavi interni, in bella vista, inequivocabili resti umani: un femore, un’anca, un’arcata dentaria inferiore, una costola, un teschio. Caricati, assieme a tutto il resto, sui camion e conferiti chissà dove.

I lavori rientrano in un progetto di valorizzazione per la pubblica fruizione della cripta e restauro del brano della pavimentazione tardo settecentesca della chiesa di S. Agostino nella nuova sede del Museo Regionale della Ceramica di Caltagirone, finanziato con fondi europei (PO-FESR 2007/2013 – Asse III – Obiettivo operativo 3.1.1 – linea di intervento 3.1.1.6). Le opere dell’appalto prevedono: scavo all’interno della cripta e successivo trasporto a rifiuto; pavimentazione della cripta e della soprastante chiesa; realizzazione del collegamento verticale tra il piano cripta e il piano chiesa (scala in acciaio); restauro del brano di pavimentazione settecentesca dell’ex chiesa; esecuzione sistemi di utenza, illuminazione, allarme, rivelazione ed estinzione degli incendi e di sicurezza.

LA STORIA DEL CONVENTO – La chiesa con l’annesso il convento apparteneva agli Agostiniani conventuali, ordine religioso approvato dalla Santa sede nel 1244. Fu fondata nel XIII secolo al tempo dei Normanni dal Senato della città. Gli Agostiniani sino al 1866 ebbero l’amministrazione spirituale dei carcerati. Gli introiti derivavano dalla questua. Nel corso dei secoli ha subito numerosi rifacimenti. Lavori di ristrutturazione ci furono nel 1650, poi interrotti per sopraggiunte difficoltà economiche. Nell’ultimo quarto del 1700 la chiesa fu abbellita architettonicamente da Natale Buonaiuto, attivo a Caltagirone dal 1769. A lui si devono opere insigni quali il carcere borbonico, il Monte di Prestamo, il teatrino. Alla sua morte, avvenuta a Caltagirone il 12 gennaio 1794, fu sepolto nella chiesa dei PP. Agostiniani.

È nel 1840 che si dà il permesso di seppellire a S. Francesco di Paola, S. Agostino e S. Maria della Porta, vicino a S. Bonaventura. Ma i frati – e personaggi benemeriti verso il convento – venivano seppelliti nella cripta tardosettecentesca già prima di quell’anno. La funzione di campo santo cessò quando, a partire dal 1866, iniziarono i lavori del cimitero monumentale del Nicastro. Dopo l’Unità d’Italia, subì la sorte degli altri enti ecclesiastici, soppressi e incamerati dal Governo. L’antica chiesa fu abbattuta per volontà di Mons. Saverio Gerbino che volle che l’antico convento diventasse un grande ospizio e che per questo, con atto notarile del 16 gennaio 1897 si era fatto assegnare dal Comune di Caltagirone l’ex convento di Sant’Agostino e la chiesa omonima che furono ceduti per la fondazione di un istituto di carità con la clausola «se l’esercizio di beneficenza venisse a cessare […] il fabbricato ritornerà in piena proprietà e libero possesso del Comune». Il vescovo calatino non vide la realizzazione dell’opera, progettata dall’architetto Vincenzo di Gregorio, perché morì nel 1898. Nel 1909 vennero chiamati i salesiani che arrivarono nel 1910 e vi restarono sino al 1974.

Poi la decadenza e l’abbandono, tanto che il comune, in considerazione del fatto che erano venute a mancare le condizioni della cessione, chiedeva il 17 gennaio 1983 la retrocessione. Il Commissario regionale Salvatore Pedi ne disponeva la retrocessione il 21 gennaio 1985. Il 9 aprile1987 il Comune accettava l’immissione in possesso di tutto l’edificio per adibirlo «a servizi utili alla collettività». A sua volta il Comune, che non disponeva delle risorse per la manutenzione dello stabile, donò il 6 febbraio 1990 l’ex convento all’Assessorato regionale dei Beni Culturali e Ambientali per destinarlo a nuova e più idonea sede del Museo Regionale della Ceramica. lo cedeva alla regione Sicilia e precisamente all’assessorato BB.CC e Ambientali il 6 febbraio 1990. La regione ha accettato la donazione il 3 ottobre 1991. Con D.A. del 13 febbraio 1995 l’ex convento di Sant’Agostino è stato assunto in carico dal demanio culturale indisponibile della Regione Siciliana.

IL RESTAURO DELLA CRIPTA – A seguito di 5 richieste di finanziamento nell’ambito del Po – Fesr 2007/2013 presentate dalla Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Catania, si sono effettuati una serie di interventi volti al consolidamento statico dello stabile e al suo recupero e restauro, in vista della sua riqualificazione come nuova sede del Museo regionale della Ceramica. Il lotto relativo alla valorizzazione per la pubblica fruizione della cripta e restauro del brano di pavimentazione della Chiesa di Sant’Agostino, in corso d’opera, è stato finanziato con fondi PO FESR Sicilia 2007-2013 per un importo del progetto di € 641.614,20 e aggiudicato con determinazione del 10.07.2014 dalla ditta RestaurArte s.r.l. di Acireale per un importo del contratto di euro 402.347,68, dopo che era stata revocata la precedente aggiudicazione provvisoria alla ditta Tecnorestauri di Aci S. Antonio, in quanto con documento D.U.R.C. emesso dalla Cassa Edile, la ditta risultava regolare presso l’INAIL, ma non presso l’INPS e Cassa Edile C.E.A.M.I.C.A di Catania.    

«Il piano di calpestio della cripta – si legge nel capitolato d’appalto – sarà ridefinito mediante la realizzazione di un vespaio areato con la disposizione, su un piano preformato, di casseri a perdere modulari in polipropilene, mutuamente collegati, solidarizzati da un getto di calcestruzzo e completato con la formazione di una soletta in cls armato con rete elettrosaldata. Infine, la pavimentazione sarà realizzata in cotto».

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DOVE SONO FINITE LE OSSA UMANE RITROVATE? – Lavori benemeriti dunque. Sembrerebbe tuttavia che lo scavo all’interno della cripta e successivo trasporto a rifiuto siano stati interpretati alla lettera: il capitolato prevede «sbancamenti, scavi, rinterri, sistemazione degli spazi liberi, evacuazione dal cantiere dei materiali di risulta, compresa la caratterizzazione dei rifiuti e il conferimento in discarica di questi». Compresi i resti umani? Certo sarà difficile sostenere che non ci si è accorti di nulla: le ossa erano ben visibili ai passanti. Inoltre che si possano rinvenire ossa umane negli ipogei di un’antica chiesa, situata nell’antico borgo medievale della città, lo devi mettere nel conto. E prendere le opportune precauzioni, peraltro previste dalla legge. Lo stesso capitolato d’appalto al Capo 24 recita: «L’Amministrazione, salvo i diritti che spettano allo Stato a termini di legge, si riserva la proprietà degli oggetti di valore e di quelli che interessano la scienza, la storia, l’arte o l’archeologia che si rinvengano nei fondi espropriati per l’esecuzione dei lavori o nella sede dei lavori stessi. Dell’eventuale ritrovamento dovrà essere dato immediato avviso alla Direzione Lavori per le opportune disposizioni. L’Appaltatore non potrà in ogni caso senza ordine scritto rimuovere od alterare l’oggetto del ritrovamento, sospendendo i lavori stessi nel luogo interessato. Ove necessario, tale sospensione potrà essere formalizzata dalla Direzione Lavori, rientrando tra le cause di forza maggiore previste dal primo comma dell’art. 159 del Regolamento». Nulla di tutto questo sembra sia stato fatto. Spetta all’autorità giudiziaria stabilire le responsabilità. Resta un senso di disagio e tristezza. «Deorum Manium iura sancta sunto»: siano sacri i diritti degli Dei Mani. Gli Antenati erano sacri. Così l’antica legge romana delle XII Tavole. Dal rispetto per i morti si misura il grado di una civiltà, sosteneva il poeta dei Sepolcri. Chissà cosa direbbe oggi.

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