Pubblicato il 13/08/2020
CRONACA

Confisca 100 mila euro di beni a carico di Turi Cappello, boss dell’omonimo clan



I beni confiscati riconducibili e Turi Cappello, alla sua compagna, Maria Rosaria Campagna, e al figlio del boss.


Passano alla disponibilità dello Stato alcuni dei beni del noto “Turi Cappello”, beni che erano stati già oggetto di approfondite indagini da parte del pool composto da poliziotti della Divisione di Polizia Anticrimine e della Squadra Mobile catanesi, sfociati in una proposta d’applicazione di misura di prevenzione reale a firma congiunta tra il Procuratore della Repubblica e il Questore di Catania.

La proposta avanzata al Tribunale Sezione Misure di Prevenzione ebbe coronamento nel 2019, quando, in accoglimento delle tesi sulla loro illecita provenienza, tali beni vennero sottoposti a sequestro.

La scorsa settimana, è stato emanato il decreto con cui la citata sezione M. P. del Tribunale ha disposto la confisca di una società operante nel settore della ristorazione, riconducibile al noto Salvatore Cappello, conosciuto nell’ambiente mafioso come “Turi Cappello”. Questi è ritenuto il capo indiscusso, il promotore e l’organizzatore dell’omonima cosca mafiosa ed è stato condannato all’ergastolo per associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, omicidi, estorsioni, rapine, evasione, detenzione e porto illegale di armi e altro.

L’azienda confiscata, con sede in Napoli, riporta l’insegna “I 2 Vulcani”: una denominazione che evoca l’unione delle citta di Catania (località di origine di Cappello) e di Napoli (luogo di nascita e residenza di Maria Rosaria Campagna, compagna di Cappello).

Il provvedimento in argomento ha riguardato anche la confisca di un immobile intestato al figlio del boss Salvatore Santo Cappello, sito anch’esso in Napoli, e la confisca di un motociclo intestato alla Campagna. Il valore dei beni confiscati è stimato in circa 100 mila euro


L’attività d’indagine che ha portato alla proposta di sequestro, che è poi sfociato nell’attuale confisca, ha analizzato la crescita delle capacità patrimoniali di Turi Cappello Salvatore in un arco temporale che va dal 2004 al 2017, accertando così una serie di investimenti orientati sia all’acquisto di beni, sia all’avvio di esercizi pubblici e di imprese che, seppur formalmente intestati a prossimi congiunti e a terzi estranei, erano tutti pienamente riconducibili a Turi Cappello e a Maria Rosaria Campagna.

Turi Cappello, così come affermato nelle dichiarazioni accusatorie di collaboratori di giustizia e come si evince dalle intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite, durante la detenzione sofferta ha mantenuto un durevole ruolo centrale nella gestione degli interessi economici del clan, operato anche attraverso Maria Rosaria Campagna, la quale ha svolto per lui il compito di messaggero verso i sodali del clan, riuscendo così a impartire le istruzioni operative per la gestione dell’associazione criminale.

Con il recente decreto è stato, altresì, disposto, a carico di Turi Cappello, l’aggravamento per un ulteriore periodo di un anno della misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, già applicata con distinti decreti emessi sempre dal Tribunale di Catania nel 1999 e nel 2007, oltre al connesso versamento di una somma a titolo di cauzione.

È stata disposta anche nei confronti di Maria Rosaria Campagna la misura di prevenzione della Sorveglianza Speciale di P.S. con obbligo di soggiorno, per la durata di anni tre.

La Campagna, peraltro, è stata condannata per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti; il 13 gennaio 2017, sia Cappello Salvatore, sia Campagna Maria Rosaria sono stati coinvolti, unitamente ad altri 30 indagati, nell’operazione denominata “Penelope”. Nei loro confronti il G.I.P. del Tribunale di Catania dispose la custodia cautelare in carcere, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (fatti commessi dal 2012 e sino al gennaio 2017). 

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