Pubblicato il 22/08/2018
INCHIESTA
ph. Il Sette e Mezzo

Cara di Mineo, ecco le coop che hanno vinto la gara: fuori Sol.Calatino e Pizzarotti



Ieri la Prefettura di Catania ha emesso il provvedimento di aggiudicazione definitiva alle ditte e coop concorrenti, con esclusioni eccellenti. Timori per i circa 300 dipendenti licenziati, nonostante la clausola di salvaguardia dovrebbe garantire il rispetto dei livelli occupazionali: ma l’orientamento del Viminale, che spinge per un ridimensionamento della struttura, lascia presagire in futuro possibili tagli al personale. 

di Giacomo Belvedere


È giunta finalmente in porto la gara d’appalto per la fornitura di beni e servizi al Cara di Mineo. Ieri la Prefettura di Catania ha emesso il provvedimento di aggiudicazione definitiva alle ditte e coop concorrenti.

Il primo lotto (fornitura e servizi alla persona, gestione amministrativa e registrazione stranieri, assistenza generica e sanitaria alla persona, valore del lotto euro 16.898.040,00) è stato aggiudicato alla Cooperativa Badia Grande di Trapani, capofila di un Rti che comprende la Fondazione San Demetrio di Piana degli Albanesi, il Consorzio Agri.Ca di Agrigento, aderente alla confcooperative, la Chiron di Catania e il Consorzio Aretè di Trapani; che ha offerto euro 13.510.046,44 con un ribasso percentuale pari al 20,05%.

Il secondo lotto, il più corposo (fornitura pasti, valore del lotto euro 19.710.000,00) è stato aggiudicato alla Cascina Global Service S.R.L. di Roma, che ha offerto euro 15.728.580,00 con un ribasso percentuale pari al 20,20%.

Il terzo lotto (servizio di pulizia ed igiene ambientale, valore del lotto euro 3.525.548,00) è stato aggiudicato al Consorzio Progetto Multiservizi di Roma, che ha offerto euro 2.572.592,38 con un ribasso percentuale pari al 27,03%.

Il quarto lotto (fornitura di effetti letterecci, vestiario, prodotti per l’igiene, indumenti esterni vari, indumenti, calzature, articoli da viaggio e accessori, asciugamani, biancheria intima, prodotti per la cura personale, valore del lotto euro 9.808.200,00) è stato aggiudicato al Hospital Service s.r.l. di Mozzagrogna in provincia di Chieti, che ha offerto euro 9.174.142,44 con un ribasso percentuale pari al 20,98%.

Una gestazione durata nove mesi: ieri il parto. Rispetto alle gare d’appalto cui eravamo abituati, che si risolvevano in tempi brevissimi, anche perché, come denunciato dal presidente dell’anticorruzione  Raffaele Cantone, vi era un bando “sartoriale”, «costruito in modo da escludere la concorrenza, con una logica unitaria senza divisione di lotti», i tempi si sono notevolmente allungati. Il superamento della figura del gestore unico e la suddivisione dell’appalto in quattro lotti prestazionali ha favorito la concorrenza: sono state molte di più, rispetto al passato, le ditte e coop partecipanti. Erano rimasti sub iudice il lotto 1 e il lotto 3, perché giudicate  “anomale” le offerte presentate; ma in seguito alla documentazione giustificativa presentata dalla Badia Grande per il lotto 1; e dal Consorzio Multiservizi per il lotto 3; le contestazioni sono state sanate. Tutto l’iter faticoso si è svolto con una costante interlocuzione con l’Autorità Anticorruzione. 

ph. Coordinamento Consiglieri del Calatino

Rispetto all’importo complessivo presunto dell’appalto, determinato dalla sommatoria degli importi dei 4 lotti, di € 49.941.788,00 oltre IVA e oneri di sicurezza, l’importo finale è dunque di 40.985.361,26. Siamo lontani dai 97.893.000 milioni dell’appalto precedente. La durata dell’appalto è di tre anni non rinnovabili e decorrerà dalla data indicata nel contratto di appalto per ogni singolo lotto. Tuttavia, si precisa che, qualora il numero e la frequenza degli arrivi di migranti nel territorio nazionale rendessero necessario un incremento delle capacità ricettive della struttura di accoglienza, il RUP, su disposizione del Ministero dell’Interno, farà ricorso agli aumenti di prestazione dei singoli lotti rapportati al numero maggiore di presenze nel centro fino al massimo previsto del 50% (cfr. d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, comma 1, lettera a). A questo aumento se ne potrebbe aggiungere un altro di un quinto, per sopraggiunte necessarie modifiche (d.lgs. 18 aprile 2016, n.50, comma 12). Il tetto dell’importo potrebbe lievitare dunque, senza necessità di una nuova procedura, e sfiorare gli 80 milioni di euro.

Il centro deve rispondere a due precise caratteristiche: deve avere una ricettività di 2.400 posti (meno rispetto ai 3.000 previsti dal precedente appalto, ma – come s’è visto – suscettibili di aumenti emergenziali) e deve essere «sito nel territorio della provincia di Catania». Sulla carta, dunque, avrebbe potuto non essere ubicato a Mineo, ma riesce difficile immaginare quali altre strutture, anche demaniali, oltre a Mineo, sarebbero state in grado di ottemperare ai requisiti richiesti. 

Una clausola di salvaguardia, infine, è volta a preservare i livelli occupazionali, stabilendo che «gli aggiudicatari si impegnano ad assorbire nel proprio organico il personale operante nei centri come previsto dall’articolo 50 del Codice, nel rispetto dei principi dell’Unione Europea, in particolare della libera concorrenza, nonché della libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione Italiana, ferma restando l’applicazione dei CCNNLL del settore di cui all’art. 51 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015 n. 81».

Punto, quest’ultimo, dolente: le lettere di licenziamento ai circa 300 dipendenti del Centro menenino sono state già recapitate, suscitando comprensibile apprensione, nonostante la clausola di salvaguardia. Anche perché, l’orientamento del Viminale, che spinge per un ridimensionamento della struttura, lascia presagire in futuro possibili tagli al personale. 

Sulle intenzioni del Ministero dell’Interno fa luce un’altra vicenda. Il Viminale ha difatti “stoppato” la procedura di gara curata da Invitalia per l’affidamento dei servizi di manutenzione ordinaria e degli interventi straordinari da atti vandalici relativi a tutte le strutture e gli impianti presenti all’interno del Cara di Mineo. Si trattava di un appalto non suddiviso in lotti, in ragione dell’autonomia funzionale del lotto, della durata di 36 mesi, per un importo pari a euro 4.972.985, 58 oltre Iva e oneri di legge se dovuti. Ma successivamente il Viminale ha parzialmente chiuso quest’altro rubinetto di fondi per il Cara di Mineo, revocando la procedura di gara già avviata e riducendo l’appalto alla durata di un solo anno per un importo d’asta di euro 1.059.125, 27.

Ma vediamo nel dettaglio i lotti

Cara Mineo – ph. Giusi Scollo

LOTTO 1 – L’importo a base di gara, IVA esclusa, del lotto 1 era, come s’è detto, pari ad € 16.898.040,00, oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 67.592,16 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 del capitolato. L’importo predetto è rapportato ad un numero di posti presunto complessivo pari a n 2.400 per i tre anni di vigenza del contratto. Il costo giornaliero per ospite è determinato in € 6,43 Iva esclusa.

In questo lotto si è registrata la novità più clamorosa. Resta fuori  il raggruppamento di imprese in cui troviamo tutti i volti noti, anche se sotto mutate vesti, che si sono aggiudicati in questi anni gli appalti al cara di Mineo. La coop Tre Fontane, infatti, fa parte del Consorzio Casa della Solidarietà che ha vinto il bando 2014 come impresa mandataria. Del consorzio, che raggruppa coop bianche vicine a Comunione e Liberazione, fanno parte anche la Domus Caritatis, l’OSA  Mayor e la Mediterranea. La sede legale è al civico 25 di via Antolisei di Roma, lo stesso indirizzo del colosso della ristorazione La Cascina, che concorre per il lotto 2. Si tratta di coop coinvolte nell’inchiesta Mafia Capitale e nel suo troncone siciliano, tanto che si è reso necessario il commissariamento della gestione del Cara di Mineo. Quanto alla Medihospes, iscritta all’Albo delle cooperative dal 4 luglio 2008, sembrerebbe una new entry, se il nome non richiamasse  una vecchia conoscenza: la Senis Hospes, coop bianca, da sempre al Cara di Mineo. Un’affinità che potrebbe essere solo casuale, senonché si scopre che il recapito telefonico della Medihospes è il medesimo della sede commerciale della Senis Hospes.

Le ultime due coop del Rti, Iride e Consorzio Umana Solidarietà, orbitano attorno al Consorzio Sol.Calatino, il cui Presidente Paolo Ragusa si è dimesso perché coinvolto nelle note inchieste delle Procure di Catania e Caltagirone. Dopo i guai giudiziari, per i quali deve rispondere davanti ai giudici Catania per turbativa d’asta e a quelli di Caltagirone per una vicenda di compravendita di consiglieri nel consesso civico menenino e per la gestione monopolistica degli appalti alle coop nel Comune di Mineo, Ragusa ha scelto un profilo basso, evitando i questi mesi la sovraesposizione politica e mandando avanti le seconde linee. Come Rocco Sciacca, candidato senza successo nel 2013 a Sindaco di Scordia, e presidente della coop Iride, consorziata con Sol.Calatino. Il Consorzio “Umana Solidarietà”, iscritto all’albo Cooperative dal 29 giugno 2016, attraverso le cooperative aderenti, gestisce alcuni centri di prima accoglienza sul territorio siciliano.

Anche la Croce Rossa, che ha messo in campo la struttura nazionale, stando così le cose è fuori gioco. Nei precedenti appalti si era ritagliata per sé, all’interno della cordata vincente, un ruolo di assistenza sanitaria. Prima che fosse indetto l’appalto del 2011, inoltre, alla Croce Rossa era stata affidata l’intera gestione del Cara menenino, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire, dal 18 febbraio 2011 sino al 30 giugno 2011, termine prorogato sino 30 settembre per dar tempo al nuovo soggetto attuatore (nominato il 28 giugno) di indire una regolare procedura ad evidenza pubblica e non con procedura d’urgenza. La gestione della Croce Rossa non aveva, tuttavia, brillato per efficienza ed era stata al centro di diverse proteste e contestazioni da parte dei migranti ospiti.

Migrante al Cara di Mineo – Ph. Andrea Annaloro

LOTTO 2 – L’importo a base di gara, IVA esclusa, era pari ad € 19.710.000,00 oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 39.420,00 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’art. 5 del capitolato.

La gara, in questo caso, non ha riservato sorprese, sebbene si sia trattato di una lotta tra titani. Si conferma la Cascina, colosso della ristorazione da 35 milioni di pasti annui, fondata nel 1978 da un gruppo di universitari aderenti a Comunione e Liberazione. Una vittoria netta, dal momento che la Commissione ha annotato che “sulla base della graduatoria non risulta anomala alcuna offerta”. Non sono, inoltre, state avanzate contestazioni. 

Alla Cascina alludeva probabilmente il faccendiere Luca Odevaine, quando, nelle intercettazioni, parla della “cosa grossa”, quella sorta di larghe intese tra coop bianche e rosse, da mettere in campo a Mineo. È proprio sul capitolo ristorazione che i precedenti bandi erano stati costruiti su misura: si attribuiva, infatti, un punteggio aggiuntivo di 6 punti (pari al 30 % dei punti assegnabili alle proposte migliorative) a chi avesse avuto la possibilità di avvalersi di un centro di produzione pasti entro un raggio di 30 km, da utilizzare in situazioni di emergenza. Inoltre si stabiliva l’obbligo di attestare di aver gestito, nell’arco degli ultimi tre anni precedenti, un servizio di ristorazione erogato con le modalità di self service, per un numero di persone non inferiore a 2000 per pasto. Due condizioni, appunto, “sartoriali”, scritte ad hoc, secondo l’Anac, per il raggruppamento che poi avrebbe vinto e fortemente penalizzanti per tutti gli altri.

La Cascina, stavolta, senza poter godere come negli anni passati di una corsia preferenziale, ha dovuto vedersela con altri colossi della ristorazione collettiva.

Ph. Romina Pace

LOTTO 3 – Servizio di pulizia ed igiene ambientale. L’importo a base di gara, IVA esclusa, era pari ad € 3.525.548,00, oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 14.102,19 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’art. 6 del capitolato. Anche in questo caso l’esito della gara ha offerto sorprese: è fuori la Pizzarotti, impresa proprietaria dell’immobile, consorziata con la Papalini di Fano, che data la posizione (6° posto) difficilmente potrà rientrare in gara, anche nel caso di una ridefinizione della graduatoria. La presenza della Pizzarotti nel raggruppamento vincente, aveva consentito, all’invincibile armata delle coop di mettere in campo anche la proprietà degli immobili (per i quali, comunque, l’impresa di Parma percepiva un indennizzo di 6.200.000 euro, scesi nel 2014 a 4.500.000 euro), e di garantire un’offerta all inclusive: servizi, ristorazione, assistenza sanitaria, immobile. La Pizzarotti, insomma, ha avuto in passato, nei confronti del Consorzio dei comuni, stazione appaltante, il duplice ruolo di affittuaria della struttura e concorrente dell’appalto, inserita in un’Ati che, comunque la si voglia vedere, partecipava da posizioni di forza. Tuttavia c’è da tener presente che con la Pizzarotti il Cara di Mineo dovrà sempre fare i conti, dato che è la proprietaria della struttura.

ph. Andrea Annaloro

LOTTO 4 Fornitura di effetti letterecci, vestiario, prodotti per l’igiene (indumenti esterni vari, indumenti, calzature, articoli da viaggio e accessori, asciugamani, biancheria intima, prodotti per la cura personale). L’importo a base di gara, IVA esclusa, è pari ad € 9.808.200,00 (di cui € 3.022.200,00 soggetto a ribasso e la restante parte pari a € 6.786.000,00 non soggetta a ribasso, in quanto inerente a spese per pocket money e schede telefoniche) oltre oneri per la sicurezza per i rischi interferenziali stimati in € 19.616,40 non soggetti a ribasso per le prestazioni di cui all’ art. 7 del capitolato.

Per il lotto 4 è pervenuta solo una busta: l’Hospital Service s.r.l. di Mozzagrogna in provincia di Chieti, una srl che si è costituita nel 2002 e di cui è proprietario il re delle lavanderie industriali Antonio Colasante. L’impresa ha anche una sede commerciale a Tremestieri Etneo. La ditta ha presentato un ribasso percentuale del 20,98%. Chiusa l’attività di valutazione dell’offerta economica, gli atti sono stati trasmessi al Rup, per la verifica dei requisiti.

La holding Colasante è stata al centro di una bufera giudiziaria, nel marzo dell’anno 2017, con il patron Antonio Colasante, arrestato con l’accusa di truffa a danno della Asl di Lanciano, per una serie di fatture gonfiate di oltre 2 milioni di euro, grazie alle quali, secondo la Procura, si sarebbe comprata una villa a Porto Cervo in Sardegna. 

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