Pubblicato il 22/10/2018
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ph. Giusi Scollo

Cara di Mineo: Salvini chiude il centro aperto da Maroni?



La strategia del  Viminale appare chiara:  far morire il Cara di Mineo di consunzione.  Chiuderà Salvini ciò che ha iniziato il suo omologo Maroni? Dalla Lega alla Lega: il giro di giostra appare ormai concluso là dove è iniziato. Anche se il Cara di Mineo ci ha abituato a inopinati colpi di scena, il copione sembra ormai già scritto dal Governo giallo-verde: “meno migranti, meno operatori”. Così, il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, del M5S, il 12 ottobre scorso ai lavoratori licenziati.

di Giacomo Belvedere

Il Cara di Mineo ha le ore contate? Sembrerebbe di sì, almeno ad interpretare i segnali di fumo che vengono dal Viminale. E sono segnali di fumo decisamente nero, che non lasciano presagire nulla di buono per il centro di contrada Cucinella. Pare proprio che la crisi del settimo anno sarà funesta per il mega centro di accoglienza menenino. Corsi e ricorsi storici: un ministro dell'Interno della Lega potrebbe chiudere il Cara aperto da un ministro dell'Interno della Lega. Potrebbe essere, infatti, il ministro Salvini a mettere la pietra tombale sul centro menenino, battezzato nella primavera del 2011 dall'allora ministro dell'interno Maroni. Si era in piena emergenza Nord Africa per i flussi migratori provenienti dalle coste africane, a seguito delle “primavere arabe”. Il 14 febbraio 2011, l’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, effettuano un sopralluogo al “Residence degli Aranci”, di proprietà della ditta Pizzarotti di Parma, ubicato in contrada Cucinella in territorio di Mineo, e composto da 403 villette, dismesse dai militari statunitensi di stanza a Sigonella.


E fu amore a prima vista: nelle loro intenzioni il centro sarebbe dovuto essere un modello di accoglienza, integrazione e ospitalità in Europa. In realtà, un bel regalo alla ditta Pizzarotti proprietaria dell'immobile, a cui erano venuti improvvisamente a mancare gli introiti dell'affitto milionario (8 milioni e mezzo di dollari, più le spese per la gestione dei servizi all’interno del villaggio), dopo la partenza degli americani. Difficile, infatti piazzare altrimenti le 403 villette rimaste vuote. I progetti di social housing ventilati, erano infatti puro flatus vocis: parole al vento: data l’allocazione della struttura, lontana dal centro abitato di Mineo, era assai improbabile che si riuscisse affittare le singole villette a privati. L’idea di Berlusconi e Maroni di trasformare l’ex Residence degli aranci nel Centro d’Accoglienza per Richiedenti Asilo cade dunque come una manna dal cielo per la Pizzarotti, che ha incassato in questi anni come indennizzo per l’immobile requisito sei milioni di euro annui.


Come è andata la storia è arcinoto: tutto è filato liscio per le ditte, sempre le stesse, che si aggiudicano in successione i tre appalti “cuciti su misura” per la gestione del centro sino all'esplosione dell'inchiesta Mafia Capitale, che si abbatte rovinosamente su Mineo, per via dell’ex superconsulente del Cara menenino, Luca Odevaine, indagato a Roma ma anche factotum al Cara di Mineo, e arrestato il 2 dicembre 2014 nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale

L'inchiesta romana si è chiusa con la richiesta del patteggiamento da parte di Odevaine. Due anni e 8 mesi e la restituzione di 250 mila euro: questo il prezzo pattuito per chiudere i conti con la tranche dell’inchiesta romana legata alle tangenti avute per il ruolo di facilitatore negli appalti del centro di accoglienza di Mineo e nello smistamento e assegnazione dei migranti a coop amiche. Ancora in corso l'iter processuale delle inchieste delle Procure di Catania e Caltagirone, per turbativa d'asta, truffa del badge utilizzato al centro menenino e presunte compravendite di consiglieri comunali.


Quest'anno, si è chiusa finalmente la gara del nuovo appalto, che ha visto esclusa la coop Sol.Calatino, mentre è stata confermata La Cascina, coop indagata e commissariata nell'ambito dell'inchiesta su Mafia Capitale. Ha vinto il primo lotto la coop Badia Grande di Trapani. La società cooperativa è stata costituita a Trapani con atto notarile il 1 febbraio 2007. A presiederla, con il ruolo di amministratore nella società, dal 20 febbraio 2007 al 25 marzo 2009, don Sergio Librizzi, l’ex direttore della Caritas di Trapani, arrestato nel giugno 2014 con l’accusa di concussione e di abusi sessuali.

La coop trapanese ha vinto offrendo prezzi stracciati. Le ricadute si vedono ora, con la riduzione consistente dei posti di lavoro, in barba alla clausola di salvaguardia, volta a preservare i livelli occupazionali, che stabiliva che «gli aggiudicatari si impegnano ad assorbire nel proprio organico il personale operante nei centri». Quello che la clausola di salvaguardia, però, non dice è che, se si ha una riduzione del numero degli ospiti, si ha, conseguentemente, una riduzione degli operatori. Già nel capitolato d'appalto i posti previsti erano 2.400, meno rispetto ai 3.000 previsti dal precedente appalto. Ma il nuovo inquilino del Viminale preme, e non è un mistero, per un ulteriore ridimensionamento della struttura. I risultari sono sotto gli occhi di tutti: con il nuovo capitolato d’appalto, infatti, si risparmia sulla voce del personale, ridotto di due terzi, con 160 dei 299 lavoratori rimasti a casa, si elimina la compresenza degli operatori in turno e si riducono tutti i servizi di integrazione sociale (l’assistenza all’infanzia, il “punto mamma” per le famiglie, il potenziamento dell’insegnamento della lingua, la frequenza nella scuola pubblica...) e di assistenza sanitaria. Anche i pasti saranno forniti precotti dall'esterno e non più cucinati in loco.


Quali siano le reali intenzioni di Salvini non è difficile capirlo: far morire di morte lenta il centro menenino togliendo gradualmene l'ossigeno. Del resto anche prima di salire al Viminale il leader della Lega aveva dichiarato a chiare lettere la sua volontà di chiudere la struttura: quasi a volersi intestare il merito della chiusura del Cara di Mineo, aperto dal compagno di partito Maroni, e cancellare in tal modo la vergogna di quel peccato originale. Sulla chiusura del Cara menenino si era espresso, in verità, in passato, anche il Coordinamento dei Consiglieri del Calatino, di area progressista. Ma in nome della scelta preferenziale degli Sprar. Ma Salvini ha smantellato il sistema Sprar. La sua è una chiusura tout court.

I dipendenti licenziati hanno protestato a occupato simbolicamente il Municipio di Caltagirone. Hanno anche incassato la solidarietà del Consiglio comunale caltagironese, che, nella seduta di del 15 ottobre scorso, ha approvato all’unanimità una mozione per la tutela dei livelli occupazionali al Cara di Mineo, chiedendo il ripristino di servizi nella struttura, ammortizzatori sociali in deroga e misure compensative per il territorio. In particolare si suggerisce di reperire finanziamenti ad hoc con i fondi Fami, già nella disponibilità del Ministero dell’Interno, e di riassorbire il personale attualmente non riassunto dall’attuale ente gestore del Cara di Mineo, successivamente al preannunciato affidamento del servizio di manutenzione nella stessa struttura; creando un “bacino degli esclusi”, a cui attingere per eventuali assunzioni aggiuntive per malattie, ferie, maternità ecc.., e/o potenziali assunzioni per modifiche numero ospiti. Un'analoga mozione, approvata all'unanimità, era stata votata il 9 ottobre scorso dal Consiglio comunale di Mineo.


L'idea dei consiglieri comunali di Caltagirone di utilizzare il servizio di manutenzione della struttura da valvola di sfogo, per riassorbire almeno in parte i lavoratori licenziati,  è tuttavia destinata a restare nel cassetto dei sogni. Già il 25 giugno scorso, il Viminale ha chiuso parzialmente un altro rubinetto di fondi per il Cara di Mineo, che riguardava proprio il servizio di manutenzione della struttura. Per tali ragioni la gara di appalto, ormai in dirittura di arrivo, il 29 giugno scorso ha subito una battuta di arresto, dopo che il Ministero dell'Interno ha stoppato la procedura di gara curata da Invitalia per l’affidamento dei servizi di manutenzione ordinaria e degli interventi straordinari da atti vandalici relativi a tutte le strutture e gli impianti presenti all’interno del Cara di Mineo. Un improvviso e drastico intervento a gamba tesa. Di qui la richiesta da pare della Prefettura etnea di un'ulteriore proroga per garantire i necessari servizi di manutenzione funzionali della stessa struttura, fin qui ricompresi nell’originario rapporto contrattuale e per l’avvenire oggetto di altra apposita procedura di gara curata da Invitalia, in forza di una specifica convenzione stipulata con il Ministero dell’Interno il 28 maggio 2018”.


Si trattava, inizialmente, di un appalto non suddiviso in lotti, in ragione dell’autonomia funzionale del lotto, della durata di 36 mesi, per un importo pari a euro 4.972.985, 58 oltre Iva e oneri di legge se dovuti. Ma il Viminale ha revocato la procedura di gara già avviata, riducendo l’appalto alla durata di un solo anno per un importo d’asta di euro 1.059.125, 27, meno di un terzo della somma inizialmente stabilita. Non è dato sapere, inoltre, se, concluso l'anno, l'appalto sarà rinnovato negli anni avvenire. E sulle intenzioni del Governo fa luce un'altra vicenda: i lavoratori del Cara licenziati, hanno avuto, il 12 ottobre scorso, un'interlocuzione con il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, del M5S, in visita a Caltagirone. Al di là delle espressioni di solidarietà di circostanza, la risposta sembra inequivocabile e non lascia adito a illusioni: “meno migranti, meno operatori”. Come a dire: il Cara nato dall'emergenza non ha più ragion d'essere finita l'emergenza. Con buona pace per chi ha perso il posto di lavoro.


Dopo sette anni, di alterne vicende, siamo ai titoli di coda sul Cara di Mineo? Chiuderà Salvini ciò che ha iniziato il suo omologo Maroni? Il giro di giostra appare ormai concluso là dove è iniziato: dalla Lega alla Lega. Anche se il Cara di Mineo ci ha abituato a inopinati colpi di scena, il copione sembra ormai già scritto dal Governo giallo-verde. E vi si legge a caratteri cubitali la parola fine.

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